Croce Verde, il racconto degli operatori: "Le persone a casa sono eroi"

Venerdì, 27 Marzo 2020 19:53 | Letto 1074 volte   Clicca per ascolare il testo Croce Verde, il racconto degli operatori: "Le persone a casa sono eroi" La mancanza di dispositivi di protezione individuale è un problema che accomuna tutti: medici, infermieri ma anche gli operatori sanitari dell’emergenza. Come quelli della Croce Verde di Jesi, presieduta da Samuele Piersanti. A garantire i servizi ci sono circa 40 volontari e 12 dipendenti, con due ambulanze, una h24 de una h12. “In piena emergenza - racconta Piersanti - si corre ininterrottamente. Il problema è che non riusciamo a trovare i dispositivi di protezione individuale. Questo è un problema che abbiamo già sollevato e fin ora abbiamo cercato delle soluzioni in autonomia, chiamando in ogni dove e siamo riusciti a trovare qualcosa, ma è un lavoro enorme”. Oltre all’emergenza però non può certo arrestarsi quella serie di servizi secondari, per così dire, come i trasferimenti delle persone e l’accompagnamento alle visite. In più, proprio in questa settimana, la Croce Verde ha anche incrementato il servizio di spesa a domicilio dedicato a chi non può uscire di casa. La difficoltà, in tutto ciò, non è legata all’emergenza in sé bensì al fattore psicologico: “L’emergenza la gestiamo normalmente da 35 anni, ci siamo abituati. Qui il fattore principale è quello psicologico, mentale. C’è bisogno di calma, un’attenzione più del normale, e quando vai a prendere il paziente non sai mai se può essere o meno positivo e quindi c’è bisogno di prendere tutte le precauzioni del caso”. Molti li hanno definiti eroi. Ma a sentirli, per loro è solo una passione. La passione di mettere avanti a tutto il prossimo. Molti degli operatori, volontari e non, sono giovani fra i 20 e i 27 anni, come nel caso di Gianmarco Scaloni e Ciro Toscano. Chi meglio di loro può rappresentare cosa significhi essere unoperatore dellemergenza in questo momento: Anche prima affrontavamo emergenze, non sapevamo cosa incontravamo, ma oggi il Coronavirus è un’incognita. Talvolta la centrale operativa te lo dice prima che si tratta di un caso positivo, tante volte invece lo dice dopo.Vai in Croce Verde, fai un turno di 12 ore e poi quando torni a casa non sai mai se sei stato contagiato o meno, devi indossare sempre la mascherina, anche in famiglia, per proteggere genitori, figli, consorti. A noi nessuno fa il tampone, continuiamo a fare servizi finché non si presentano eventuali sintomi”.E si continua a fare servizio anche quando il dramma del Covid19 colpisce la famiglia: Sono abbastanza abbattuto in questo momento. Il papà della mia fidanzata è morto per il Coronavirus e credo che finché non capita a te, in prima persona, non si riesca a capire pienamente. È qualcosa che non si accetta facilmente perché non ti fanno vedere la salma, non si può fare il rito funebre. Ma ci sono anche momenti che ti risollevano il morale. Non si definiscono eroi, perché ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Per loro è una passione, leroe, è qualcun altro: Noi indossiamo questa divisa per passione - afferma Scaloni -. E se proprio dobbiamo definirci eroi, allora non è da adesso che lo siamo. Per noi, mettere il prossimo al primo posto, oltre che un dovere è anche una passione”.L’eroe - commenta invece Ciro Toscano - dovrebbe essere il cittadino stesso che deve restare in casa, rispettare le regole e basta. Lui è il vero eroe, perché se non esce e non contamina altre persone, questo momento difficile finirà”.g.g.(Sul prossimo numero de LAppennino Camerte, il racconto completo degli operatori)
La mancanza di dispositivi di protezione individuale è un problema che accomuna tutti: medici, infermieri ma anche gli operatori sanitari dell’emergenza. Come quelli della Croce Verde di Jesi, presieduta da Samuele Piersanti. A garantire i servizi ci sono circa 40 volontari e 12 dipendenti, con due ambulanze, una h24 de una h12.

In piena emergenza - racconta Piersanti - si corre ininterrottamente. Il problema è che non riusciamo a trovare i dispositivi di protezione individuale. Questo è un problema che abbiamo già sollevato e fin ora abbiamo cercato delle soluzioni in autonomia, chiamando in ogni dove e siamo riusciti a trovare qualcosa, ma è un lavoro enorme”. Oltre all’emergenza però non può certo arrestarsi quella serie di servizi secondari, per così dire, come i trasferimenti delle persone e l’accompagnamento alle visite. In più, proprio in questa settimana, la Croce Verde ha anche incrementato il servizio di spesa a domicilio dedicato a chi non può uscire di casa. La difficoltà, in tutto ciò, non è legata all’emergenza in sé bensì al fattore psicologico: “L’emergenza la gestiamo normalmente da 35 anni, ci siamo abituati. Qui il fattore principale è quello psicologico, mentale. C’è bisogno di calma, un’attenzione più del normale, e quando vai a prendere il paziente non sai mai se può essere o meno positivo e quindi c’è bisogno di prendere tutte le precauzioni del caso”. 
Molti li hanno definiti eroi. Ma a sentirli, per loro è solo una passione. La passione di mettere avanti a tutto il prossimo. Molti degli operatori, volontari e non, sono giovani fra i 20 e i 27 anni, come nel caso di Gianmarco Scaloni e Ciro Toscano. Chi meglio di loro può rappresentare cosa significhi essere un'operatore dell'emergenza in questo momento: "Anche prima affrontavamo emergenze, non sapevamo cosa incontravamo, ma oggi il Coronavirus è un’incognita. Talvolta la centrale operativa te lo dice prima che si tratta di un caso positivo, tante volte invece lo dice dopo.Vai in Croce Verde, fai un turno di 12 ore e poi quando torni a casa non sai mai se sei stato contagiato o meno, devi indossare sempre la mascherina, anche in famiglia, per proteggere genitori, figli, consorti. A noi nessuno fa il tampone, continuiamo a fare servizi finché non si presentano eventuali sintomi”.
E si continua a fare servizio anche quando il dramma del Covid19 colpisce la famiglia: "Sono abbastanza abbattuto in questo momento. Il papà della mia fidanzata è morto per il Coronavirus e credo che finché non capita a te, in prima persona, non si riesca a capire pienamente. È qualcosa che non si accetta facilmente perché non ti fanno vedere la salma, non si può fare il rito funebre. Ma ci sono anche momenti che ti risollevano il morale". Non si definiscono eroi, perché ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Per loro è una passione, l'eroe, è qualcun altro: "Noi indossiamo questa divisa per passione - afferma Scaloni -. E se proprio dobbiamo definirci eroi, allora non è da adesso che lo siamo. Per noi, mettere il prossimo al primo posto, oltre che un dovere è anche una passione”.

"L’eroe - commenta invece Ciro Toscano - dovrebbe essere il cittadino stesso che deve restare in casa, rispettare le regole e basta. Lui è il vero eroe, perché se non esce e non contamina altre persone, questo momento difficile finirà”.


g.g.

(Sul prossimo numero de L'Appennino Camerte, il racconto completo degli operatori)

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