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Giovani restauratori da Roma a San Severino. Quindici giorni dedicati alle opere dell'arcidiocesi

Mercoledì, 03 Agosto 2022 12:49 | Letto 1037 volte   Clicca per ascolare il testo Giovani restauratori da Roma a San Severino. Quindici giorni dedicati alle opere dell'arcidiocesi Dopo il salvataggio, la cura. Due settimane di intenso lavoro al Museo dell’arte recuperata di San Severino Marche, dove l’équipe di allievi dell’Istituto Centrale per il Restauro di Roma (ICR del Ministero della Cultura), insieme alle loro docenti, ha messo mano ad alcune delle opere esposte nelle sale e in altre custodite nell’immenso deposito allestito al palazzo arcivescovile. Sculture in legno, tabernacoli e tavole. I ragazzi della scuola di alta formazione impegnati a San Severino sono al secondo anno del corso di restauro e si occupano di manufatti scolpiti in legno. È stato questo, quindi, il settore che li ha visti impegnati in quindici giorni di lavoro a ritmo serrato. Un banco di prova estremamente formativo, quello del museo dell’arte recuperata. Questo per la «grande varietà di casistiche che si presentano di fronte ai restauratori – spiegano le funzionarie restauratrici e docenti dell’ICR, Serena Sechi e Patrizia Giacomazzi –. L’unicità di queste due settimane sta proprio nell’estrema diversità delle condizioni delle opere su cui abbiamo lavorato: i pezzi sono di epoche diverse, vengono da zone diverse, hanno subito danni diversi e, di conseguenza, necessitano di cure diverse. Questo significa che il nostro lavoro è stato tutt’altro che standardizzato. Il legno è per definizione un materiale “vivo”, che continua a muoversi per le diverse condizioni di umidità e di conservazione: per questo, nonostante ci siamo occupati di pronto intervento conservativo delle sculture e la messa in sicurezza delle parti danneggiate, sono stati comunque lavori di primaria importanza. Oltre a questo c’è stato anche un meticoloso lavoro di analisi e lettura dell’opera e del degrado: ciascun pezzo passato sotto le nostre mani è stato schedato, sono stati descritti i danni subiti e gli interventi realizzati in passato e quelli da prevedere nel futuro, coadiuvati dalle indagini diagnostiche. Contrariamente a quello che comunemente si è portati a pensare, il restauro è un la-voro scientifico più che artistico». Quella con l’Istituto Centrale per il Restauro è solo una delle convenzioni che l’arcidiocesi di Camerino e San Severino ha stipulato con enti accademici e formativi. Gli studenti possono così lavorare sul campo, prestando le loro cure a un patrimonio che ne ha estremamente bisogno. Le opere, per contro, finiscono tra le mani dei pochissimi giovani selezionati dall’Istituto.Nella foto, gli studenti dellICR Irene Dies, Daniela Durante, Cheyenne Fabbri, Alessandro Natale, Valentina Serenella. Con loro le docenti, Patrizia Giacomazzi e Serena Sechil.c.
Dopo il salvataggio, la cura. Due settimane di intenso lavoro al Museo dell’arte recuperata di San Severino Marche, dove l’équipe di allievi dell’Istituto Centrale per il Restauro di Roma (ICR del Ministero della Cultura), insieme alle loro docenti, ha messo mano ad alcune delle opere esposte nelle sale e in altre custodite nell’immenso deposito allestito al palazzo arcivescovile. Sculture in legno, tabernacoli e tavole. I ragazzi della scuola di alta formazione impegnati a San Severino sono al secondo anno del corso di restauro e si occupano di manufatti scolpiti in legno. È stato questo, quindi, il settore che li ha visti impegnati in quindici giorni di lavoro a ritmo serrato.

Un banco di prova estremamente formativo, quello del museo dell’arte recuperata. Questo per la «grande varietà di casistiche che si presentano di fronte ai restauratori – spiegano le funzionarie restauratrici e docenti dell’ICR, Serena Sechi e Patrizia Giacomazzi –. L’unicità di queste due settimane sta proprio nell’estrema diversità delle condizioni delle opere su cui abbiamo lavorato: i pezzi sono di epoche diverse, vengono da zone diverse, hanno subito danni diversi e, di conseguenza, necessitano di cure diverse. Questo significa che il nostro lavoro è stato tutt’altro che standardizzato. Il legno è per definizione un materiale “vivo”, che continua a muoversi per le diverse condizioni di umidità e di conservazione: per questo, nonostante ci siamo occupati di pronto intervento conservativo delle sculture e la messa in sicurezza delle parti danneggiate, sono stati comunque lavori di primaria importanza. Oltre a questo c’è stato anche un meticoloso lavoro di analisi e lettura dell’opera e del degrado: ciascun pezzo passato sotto le nostre mani è stato schedato, sono stati descritti i danni subiti e gli interventi realizzati in passato e quelli da prevedere nel futuro, coadiuvati dalle indagini diagnostiche. Contrariamente a quello che comunemente si è portati a pensare, il restauro è un la-voro scientifico più che artistico».

Quella con l’Istituto Centrale per il Restauro è solo una delle convenzioni che l’arcidiocesi di Camerino e San Severino ha stipulato con enti accademici e formativi. Gli studenti possono così lavorare sul campo, prestando le loro cure a un patrimonio che ne ha estremamente bisogno. Le opere, per contro, finiscono tra le mani dei pochissimi giovani selezionati dall’Istituto.

Foto restauro Istituto restauro MARec x dentro
Nella foto, gli studenti dell'ICR Irene Dies, Daniela Durante, Cheyenne Fabbri, Alessandro Natale, Valentina Serenella. Con loro le docenti, Patrizia Giacomazzi e Serena Sechi

l.c.

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