“Incroci di vite e di terre”. Dalla solidarietà degli Scout di Gemona una speranza per il futuro

Sabato, 26 Agosto 2017 04:16 | Letto 2274 volte   Clicca per ascolare il testo “Incroci di vite e di terre”. Dalla solidarietà degli Scout di Gemona una speranza per il futuro Una vivace festa comunitaria, domenica 13 agosto, ha concluso a Gemona del Friuli l’esperienza di scambio di esperienze e conoscenze tra il gruppo scout locale, il gemellato gruppo Scout di Camerino e il Clan di Matelica  Guardare al futuro con speranza e coraggio la sintesi delle intense giornate di confronto, vissute tra diverse realtà regionali. A quarant’anni dal terremoto del 1976 e nel ricordo comune di tristi situazioni vissute, il Gruppo Scout di Gemona ha deciso di dar vita ad un grande progetto di solidarietà. Donare un servizio, (così come era stato fatto per il Friuli all’indomani del terremoto, quando un consistente numero di scout diede il suo prezioso apporto nell’emergenza) la scintilla che ha innescato  “Incroci di vite e di terre”, progetto che nello spirito dell’accoglienza e della solidarietà, ha riunito diverse comunità. Arrivati il 6 agosto a Gemona, l’intero gruppo Scout di Camerino e il Clan di Matelica, hanno potuto sperimentare la fratellanza, condividendo pensieri ed esperienze. Un abbraccio solidale quello del Gruppo Scout di Gemona che un mese prima aveva ospitato anche il Gruppo Scout di Gubbio; incontri e giochi hanno permesso ai ragazzi di Camerino e Matelica di conoscere le realtà di paesi che dalla caparbietà e dal grande coraggio, sono riusciti a trarre motivo di rinascita, dopo una devastante calamità. Nello scenario dello splendido territorio friulano, parte attiva del confronto, anche numerosi genitori dettisi positivamente colpiti dalla capacità di reazione di un popolo forte e combattivo. Condivisione e dialogo possono davvero aprire a nuove vie, stimolando ad avere fiducia. “Abbiamo sentito il calore dell’accoglienza che ci ha donato grande speranza, –sottolinea la camerinese Gisella Claudi-  E’ stato il modo per vedere che esiste un futuro, che la ricostruzione c’è e che ad essa possono partecipare gli abitanti, scegliendo come la desiderano.. Le occasioni di dialogo e i posti visitati, ci hanno fatto percepire la forte volontà fattiva del popolo friulano; l’hanno dimostrata nell’emergenza, subito dopo il sisma del  maggio 1976, quando in poco tempo sono riusciti a rientrare nelle loro abitazioni, e ancora, pochi mesi dopo, quando le scosse di settembre, hanno significato l’esodo anche per loro. I friulani si sono trovati  a vivere la stessa nostra paura di disgregazione delle comunità, l’angoscia di non poter più ritrovare il paese e la gente che avevano lasciato. Con le stesse nostre difficoltà, sono riusciti a rimboccarsi le maniche, partecipando attivamente alla ricostruzione. Quello che mi ha davvero colpito- aggiunge– è che le due parole vicine nel loro slogan erano  “ricostruzione e sviluppo”, per avere un Friuli migliore di quello che era prima”.  Oltre ad aver visitato Gemona, i genitori degli Scout  di Camerino e Matelica hanno potuto rendersi conto del diverso metodo di ricostruzione adottato per Venzone. “ Gemona- spiega Gisella Claudi - ha puntato sulla velocità. Gli abitanti hanno chiesto di poter ricostruire subìto le loro case in un luogo diverso dal centro cittadino. Il risultato è stata la costruzione di tante villette a due piani e una città che si è estesa a valle, anche se la comunità, ne è uscita un po’ disgregata  Per la città medievale di Venzone, dichiarata Patrimonio dell’Umanità prima del terremoto del 1976 e interamente fotografata, gli abitanti con coraggio, hanno invece scelto una ricostruzione più lunga. Appoggiati dagli Stati europei ( e in particolare dalla Germania che aveva vissuto le grandi distruzioni della seconda Guerra mondiale), nell’idea che ogni singola pietra dovesse essere rimessa al suo posto, per cinque anni le hanno catalogate una per una. Un tempo più lungo per la ricostruzione ma quella di oggi è la stessa città di prima. Considerata la similitudine con certe zone danneggiate di Camerino, ne siamo rimasti colpiti, interrogandoci anche su quale tipo di ricostruzione attuare nella nostra città. Quello che ci è sembrato davvero molto significativo, è che la popolazione abbia potuto partecipare attivamente alle scelte da prendere e alla ricostruzione. Gente propositiva, gente reattiva che ha saputo fare; di certo, come ci hanno raccontato, non sono mancate le discussioni anche accese, ma questa modalità ha fatto sì che contassero responsabilità e impegno da parte di tutti, per un risultato finale il cui merito si estende dalle istituzioni fino all’ultimo degli abitanti”. È una terra ancora profondamente segnata quella nella quale hanno fatto ritorno giovani e adulti marchigiani, eppure il legame con la regione che generosamente li ha accolti è un qualcosa che rafforza.  Dai friulani anche un positivo stimolo ad organizzarsi, a partire dalle associazioni, in modo tale da costituire un “comitato” di gente propositiva e attiva nella ricostruzione. “ Sulla scia di questa costruttiva esperienza- conclude Gisella Claudi- a Camerino ci stiamo adoperando, proprio al fine di attivare un dialogo produttivo con la popolazione. Un segnale necessario, per ricostruire e riaggregare la comunità”.

Una vivace festa comunitaria, domenica 13 agosto, ha concluso a Gemona del Friuli l’esperienza di scambio di esperienze e conoscenze tra il gruppo scout locale, il gemellato gruppo Scout di Camerino e il Clan di Matelica  Guardare al futuro con speranza e coraggio la sintesi delle intense giornate di confronto, vissute tra diverse realtà regionali. A quarant’anni dal terremoto del 1976 e nel ricordo comune di tristi situazioni vissute, il Gruppo Scout di Gemona ha deciso di dar vita ad un grande progetto di solidarietà. Donare un servizio, (così come era stato fatto per il Friuli all’indomani del terremoto,

quando un consistente numero di scout diede il suo prezioso apporto nell’emergenza) la scintilla che ha innescato  “Incroci di vite e di terre”, progetto che nello spirito dell’accoglienza e della solidarietà, ha riunito diverse comunità. Arrivati il 6 agosto a Gemona, l’intero gruppo Scout di Camerino e il Clan di Matelica, hanno potuto sperimentare la fratellanza, condividendo pensieri ed esperienze. Un abbraccio solidale quello del Gruppo Scout di Gemona che un mese prima aveva ospitato anche il Gruppo Scout di Gubbio; incontri e giochi hanno permesso ai ragazzi di Camerino e Matelica di conoscere le realtà di paesi che dalla caparbietà e dal grande coraggio, sono riusciti a trarre motivo di rinascita, dopo una devastante calamità. Nello scenario dello splendido territorio friulano, parte attiva del confronto, anche numerosi genitori dettisi positivamente colpiti dalla capacità di reazione di un popolo forte e combattivo. Condivisione e dialogo possono davvero aprire a nuove vie, stimolando ad avere fiducia.

“Abbiamo sentito il calore dell’accoglienza che ci ha donato grande speranza, –sottolinea la camerinese Gisella Claudi-  E’ stato il modo per vedere che esiste un futuro, che la ricostruzione c’è e che ad essa possono partecipare gli abitanti, scegliendo come la desiderano.. Le occasioni di dialogo e i posti visitati, ci hanno fatto percepire la forte volontà fattiva del popolo friulano; l’hanno dimostrata nell’emergenza, subito dopo il sisma del  maggio 1976, quando in poco tempo sono riusciti a rientrare nelle loro abitazioni, e ancora, pochi mesi dopo, quando le scosse di settembre, hanno significato l’esodo anche per loro. I friulani si sono trovati  a vivere la stessa nostra paura di disgregazione delle comunità, l’angoscia di non poter più ritrovare il paese e la gente che avevano lasciato. Con le stesse nostre difficoltà, sono riusciti a rimboccarsi le maniche, partecipando attivamente alla ricostruzione. Quello che mi ha davvero colpito- aggiunge– è che le due parole vicine nel loro slogan erano  “ricostruzione e sviluppo”, per avere un Friuli migliore di quello che era prima”.  Oltre ad aver visitato Gemona, i genitori degli Scout  di Camerino e Matelica hanno potuto rendersi conto del diverso metodo di ricostruzione adottato per Venzone.

“ Gemona- spiega Gisella Claudi - ha puntato sulla velocità. Gli abitanti hanno chiesto di poter ricostruire subìto le loro case in un luogo diverso dal centro cittadino. Il risultato è stata la costruzione di tante villette a due piani e una città che si è estesa a valle, anche se la comunità, ne è uscita un po’ disgregata  Per la città medievale di Venzone, dichiarata Patrimonio dell’Umanità prima del terremoto del 1976 e interamente fotografata, gli abitanti con coraggio, hanno invece scelto una ricostruzione più lunga. Appoggiati dagli Stati europei ( e in particolare dalla Germania che aveva vissuto le grandi distruzioni della seconda Guerra mondiale), nell’idea che ogni singola pietra dovesse essere rimessa al suo posto, per cinque anni le hanno catalogate una per una. Un tempo più lungo per la ricostruzione ma quella di oggi è la stessa città di prima. Considerata la similitudine con certe zone danneggiate di Camerino, ne siamo rimasti colpiti, interrogandoci anche su quale tipo di ricostruzione attuare nella nostra città. Quello che ci è sembrato davvero molto significativo, è che la popolazione abbia potuto partecipare attivamente alle scelte da prendere e alla ricostruzione. Gente propositiva, gente reattiva che ha saputo fare; di certo, come ci hanno raccontato, non sono mancate le discussioni anche accese, ma questa modalità ha fatto sì che contassero responsabilità e impegno da parte di tutti, per un risultato finale il cui merito si estende dalle istituzioni fino all’ultimo degli abitanti”. È una terra ancora profondamente segnata quella nella quale hanno fatto ritorno giovani e adulti marchigiani, eppure il legame con la regione che generosamente li ha accolti è un qualcosa che rafforza.  Dai friulani anche un positivo stimolo ad organizzarsi, a partire dalle associazioni, in modo tale da costituire un “comitato” di gente propositiva e attiva nella ricostruzione. “ Sulla scia di questa costruttiva esperienza- conclude Gisella Claudi- a Camerino ci stiamo adoperando, proprio al fine di attivare un dialogo produttivo con la popolazione. Un segnale necessario, per ricostruire e riaggregare la comunità”.

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