Nicoletta Raggi, di San Severino: "Io e le api. Il loro è un mondo perfetto e sono preziose per il nostro ecosistema"

Venerdì, 07 Settembre 2018 10:43 | Letto 3104 volte   Clicca per ascolare il testo Nicoletta Raggi, di San Severino: "Io e le api. Il loro è un mondo perfetto e sono preziose per il nostro ecosistema" Un mondo prettamente femminile e perfetto che garantisce l’equilibrio del nostro ecosistema e che ci dona prodotti estremamente benefici per la nostra salute. È il mondo delle api, organizzate in micromonarchie dove a capo ci sono api regine e dove i “sudditi”, tutte di specie femminile, dalla loro nascita alla loro morte lavorano senza sosta ricoprendo, nell’arco della loro vita, tutti i ruoli. Ne avremmo di cose da imparare dalle api anche se le temiamo per le loro punture, e ce lo conferma Nicoletta Raggi di San Severino, 25enne ex studentessa al liceo classico e poi alla facoltà di Mediazione Linguistica di Macerata. Amante del miele, un giorno ha deciso che avrebbe voluto produrselo da sola: “Ero a lavoro per la vendemmia - racconta - in una ditta locale quando un ragazzo mi ha detto che avrebbe partecipato ad un corso di apicoltura di primo livello a Matelica. Io amo il miele e ne mangio tantissimo per cui ho pensato, perché non produrlo io stessa? Il mio compagno Carloandrea mi ha regalato il corso. Durava sei mesi e prevedeva un esame finale di teoria e pratica e, all’interno, un capitolo dedicato all’analisi olfattiva del miele. Durante il corso poi ho ordinato due arnie con all’interno le relative famiglie di api. Poi - continua - il caso ha voluto che il giorno stesso che le ho ricevute, uno sciame avesse nidificato a casa mia. Così ho recuperato anche quello. Non era mai successo prima”. Così è iniziata l’avventura di Raggi con le api. Al momento il suo è solo un hobby ma conta di crescere e, coi dovuti investimenti per spazi e attrezzature, farla diventare una rendita e magari attivare un’attività didattica dedicata ai bambini per sensibilizzarli sull’importanza di questo insetto per il nostro ecosistema. “È una sorta di monarchia perfetta - spiega - in cui domina il genere femminile. I maschi, i fuchi, servono solo alla riproduzione e una volta che questo avviene, perdono il loro organo riproduttore. Non hanno pungiglione e nemmeno si nutrono da soli, sono le api operaie che lo fanno. Queste iniziano a lavorare fin da quando nascono e nell’arco della loro vita ricoprono tutti i ruoli”. Una sorta di carriera per anzianità dunque il cui primo step, ricoperto dall’ape appena nata è quello di pulitrice delle celle. Dopo pochi giorni passano al ruolo di cuoche e nutrici. Poi ci sono le bottinatrici, quelle che vanno in cerca di nettare. L’ultima fase è quella delle costruttrici, quelle cioè che si occupano di realizzare le celle.     È affascinante sapere che fra di loro le api comunicano attraverso la cosiddetta danza delle api in cui, l’ape operaia che va in avanscoperta per trovare nettare, torna e comunica attraverso specifici movimenti il risultato delle ricerche e poi, attraverso una coordinazione che avviene sempre attraverso la danza, partono per la nuova meta. Dal loro infaticabile lavoro deriva miele, propoli, polline e pappa reale. “Le api - torna a dire la giovane - hanno tanto da insegnarci. Ad esempio l’importanza della collaborazione, di ciò che si mangia e che da un grande lavoro derivano grandi cose. Inoltre permettono a 400 specie vegetali di vivere. La specie migliore è quella italiana che ha un giusto rapporto tra produzione di miele e docilità di carattere. ma, come in tutte le cose - stigmatizza - l’uomo deve mettere il suo zampino e si sta cercando di mescolare le razze. Questo non va bene. Un’altra gravità è l’inquinamento: o muoiono per i pesticidi, oppure siamo noi che attraverso il miele che producono li ingeriamo”. Poi Nicoletta conclude il racconto della sua esperienza con le api con un piccolo aneddoto accaduto mentre si trovava al corso: “Durante una lezione un ragazzo, nel tentare di cercare l’ape regina in un telaio, ha fatto innervosire le api. Io ero lì vicino con il cappuccio della tuta da apicoltore tirato giù e, mentre lo stavo allacciando, un’ape è entrata e si è posata sui capelli. Mi sono innervosita e lei lo ha percepito e così mi ha punto in fronte. Poi inspiegabilmente ne è entrata anche un’altra e ho iniziato a correre schiaffeggiandomi. Quando le api pungono - precisa - rilasciano anche un ferormone che attira anche tutte le altre e quindi mi sono trovata a correre con tutte le api dietro. È importante sapere - conclude - che le api sentono quando ci agitiamo e pungono solo se infastidite o toccate direttamente”. g.g.

Un mondo prettamente femminile e perfetto che garantisce l’equilibrio del nostro ecosistema e che ci dona prodotti estremamente benefici per la nostra salute. È il mondo delle api, organizzate in micromonarchie dove a capo ci sono api regine e dove i “sudditi”, tutte di specie femminile, dalla loro nascita alla loro morte lavorano senza sosta ricoprendo, nell’arco della loro vita, tutti i ruoli.

Ne avremmo di cose da imparare dalle api anche se le temiamo per le loro punture, e ce lo conferma Nicoletta Raggi di San Severino, 25enne ex studentessa al liceo classico e poi alla facoltà di Mediazione Linguistica di Macerata. Amante del miele, un giorno ha deciso che avrebbe voluto produrselo da sola: “Ero a lavoro per la vendemmia - racconta - in una ditta locale quando un ragazzo mi ha detto che avrebbe partecipato ad un corso di apicoltura di primo livello a Matelica. Io amo il miele e ne mangio tantissimo per cui ho pensato, perché non produrlo io stessa? Il mio compagno Carloandrea mi ha regalato il corso. Durava sei mesi e prevedeva un esame finale di teoria e pratica e, all’interno, un capitolo dedicato all’analisi olfattiva del miele. Durante il corso poi ho ordinato due arnie con all’interno le relative famiglie di api. Poi - continua - il caso ha voluto che il giorno stesso che le ho ricevute, uno sciame avesse nidificato a casa mia. Così ho recuperato anche quello. Non era mai successo prima”. Così è iniziata l’avventura di Raggi con le api. Al momento il suo è solo un hobby ma conta di crescere e, coi dovuti investimenti per spazi e attrezzature, farla diventare una rendita e magari attivare un’attività didattica dedicata ai bambini per sensibilizzarli sull’importanza di questo insetto per il nostro ecosistema.

“È una sorta di monarchia perfetta - spiega - in cui domina il genere femminile. I maschi, i fuchi, servono solo alla riproduzione e una volta che questo avviene, perdono il loro organo riproduttore. Non hanno pungiglione e nemmeno si nutrono da soli, sono le api operaie che lo fanno. Queste iniziano a lavorare fin da quando nascono e nell’arco della loro vita ricoprono tutti i ruoli”. Una sorta di carriera per anzianità dunque il cui primo step, ricoperto dall’ape appena nata è quello di pulitrice delle celle. Dopo pochi giorni passano al ruolo di cuoche e nutrici. Poi ci sono le bottinatrici, quelle che vanno in cerca di nettare. L’ultima fase è quella delle costruttrici, quelle cioè che si occupano di realizzare le celle.

 

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È affascinante sapere che fra di loro le api comunicano attraverso la cosiddetta danza delle api in cui, l’ape operaia che va in avanscoperta per trovare nettare, torna e comunica attraverso specifici movimenti il risultato delle ricerche e poi, attraverso una coordinazione che avviene sempre attraverso la danza, partono per la nuova meta. Dal loro infaticabile lavoro deriva miele, propoli, polline e pappa reale.

“Le api - torna a dire la giovane - hanno tanto da insegnarci. Ad esempio l’importanza della collaborazione, di ciò che si mangia e che da un grande lavoro derivano grandi cose. Inoltre permettono a 400 specie vegetali di vivere. La specie migliore è quella italiana che ha un giusto rapporto tra produzione di miele e docilità di carattere. ma, come in tutte le cose - stigmatizza - l’uomo deve mettere il suo zampino e si sta cercando di mescolare le razze. Questo non va bene. Un’altra gravità è l’inquinamento: o muoiono per i pesticidi, oppure siamo noi che attraverso il miele che producono li ingeriamo”.

Poi Nicoletta conclude il racconto della sua esperienza con le api con un piccolo aneddoto accaduto mentre si trovava al corso: “Durante una lezione un ragazzo, nel tentare di cercare l’ape regina in un telaio, ha fatto innervosire le api. Io ero lì vicino con il cappuccio della tuta da apicoltore tirato giù e, mentre lo stavo allacciando, un’ape è entrata e si è posata sui capelli. Mi sono innervosita e lei lo ha percepito e così mi ha punto in fronte. Poi inspiegabilmente ne è entrata anche un’altra e ho iniziato a correre schiaffeggiandomi. Quando le api pungono - precisa - rilasciano anche un ferormone che attira anche tutte le altre e quindi mi sono trovata a correre con tutte le api dietro. È importante sapere - conclude - che le api sentono quando ci agitiamo e pungono solo se infastidite o toccate direttamente”.

g.g.

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