Dal 17 aprile sono riaperti, per 20 giorni, i termini per i cittadini che avevano diritto al Cas o alla Sae ma non erano riusciti a comunicare i requisiti alla data del 15 ottobre 2022. La riapertura, che avrà termine il giorno 8 di maggio, dà una risposta all’appello di tanti sindaci del cratere che mi avevano chiesto di riaprire i termini per quei cittadini, in particolare anziani e soggetti fragili, che avevano avuto problemi a registrarsi telematicamente alla piattaforma che aveva sostituito la pratica cartacea. Questa soluzione è di grande importanza, in considerazione del fatto che abbiamo ancora oltre 13mila famiglie assistite, che beneficiano del Cas o risiedono in Sae e abitazioni provvisorie. I nuclei familiari assistiti sono 2.376 in Abruzzo, 1.186 nel Lazio, 8.619 nelle Marche e 1.696 in Umbria”.

Lo dichiara il Commissario alla Riparazione e Ricostruzione Sisma 2016 Guido Castelli.


La decisione di riaprire i termini era stata anticipata dalla Cabina di coordinamento sisma 2016 dello scorso 22 marzo ed è diventata operativa dopo la pubblicazione dell’Ordinanza di Protezione civile n. 979/2023 in Gazzetta Ufficiale.

Contestualmente Invitalia ha riaperto la piattaforma online (consultabile a questo link: https://appsem.invitalia.it) dove sarà possibile presentare la dichiarazione. Il pagamento del Cas, che nel frattempo era stato sospeso, comprenderà anche gli arretrati non corrisposti dal 15 ottobre.

Un territorio martoriato dal sisma, un territorio che aspetta dall'Amministrazione regionale e dal Governo centrale risposte da 11 mesi, risposte che non arrivano, delle casette nemmeno l'ombra. E oltre ai danni anche la beffa? Sì perché nel caos gestionale dell'emergenza sisma passata ormai alla fase ordinaria, la Regione è stata solo capace di decidere di spostare l'Ufficio per la Ricostruzione da una posizione baricentrica come quella di Camerino in locali, oltretutto privati e inagibili, a Caccamo di Serrapetrona, con un aggravio di costi sui cittadini pari a 324 mila euro. E non hanno nemmeno previsto dei distaccamenti territoriali. Di elementi per porsi più di una domanda ce ne sono evidentemente molti. E per questo ho presentato un'interrogazione consiliare. Il trasferimento dell'Ufficio della Ricostruzione, alla base di aspre critiche da parte del sindaco di Camerino, Gianluca Pasqui, e del presidente dell'Unione Montana, Alessandro Gentilucci, non ha alcun senso. E pensare che Pasqui e Gentilucci avevano anche offerto dei locali pubblici (della stessa Unione Montana) per accogliere l'Ufficio per la Ricostruzione. Ma l'Amministrazione regionale ha scartato la loro proposta perché, a suo avviso, troppo piccoli. E via con il decreto regionale che dà la stura al trasferimento a Caccamo di Serrapetrona in locali privati che hanno anche bisogno di essere sistemati poiché, stando a un'ordinanza del sindaco, inagibili. Ora mi chiedo se le motivazioni addotte dall'Assessore regionale alla Protezione civile nello spiegare la scelta dei locali in Caccamo di Serrapetrona siano sufficienti per giustificare una spesa di denaro pubblico pari a circa 324 mila Euro. Come si fa a ignorare una proposta (quella del sindaco Pasqui e del presidente Gentilucci) con l'offerta di locali pubblici che sarebbero quindi rimasti a disposizione della collettività, a fronte di quelli privati con inevitabile e conseguente costo di locazione? Parliamo di un canone annuale (Iva e spese condominiali comprese) di ben 54 mila euro. Il contratto di affitto parte dal primo settembre e sarà valido fino al 31 agosto 2023. Non era più opportuno mantenere la sede dell'Ufficio per la Ricostruzione a Camerino, comune baricentrico rispetto alle zone terremotate del Maceratese? E, soprattutto, prima di prendere questa decisione, l'Amministrazione ha ascoltato i sindaci dei territori colpiti dal sisma per arrivare alla decisione più virtuosa, responsabile e condivisa possibile? A me non risulta. La questione non può certo passare in cavalleria. Ci sono dei territori martoriati che attendono risposte, c'è l'esborso di denaro pubblico, c'è l'assoluta mancanza di concertazione, c'è una decisione che rischia di isolare ancora di più le zone terremotate. La politica, l'Amministrazione regionale non possono tacere.

La prima frontiera del post emergenza terremoto, in attesa che inizi la ricostruzione vera e propria, è quella costituita dall'arrivo delle ormai famose casette. In quasi tutti i paesi del cratere sono, infatti, iniziati, e in alcuni casi anche completati, i lavori per l'allestimento delle aree destinate ad ospitare le nuove abitazioni per i cittadini che, avendo avuta danneggiata la propria casa, ne hanno fatto richiesta. Da più parti, però, è stato lanciato dagli amministratori locali il grido di allarme perchè qualcuno che aveva richiesto il modulo abitativo di emergenza ora sembra intenzionato a rinunciarvi, adducendo il fatto che la propria situazione personale e le relative necessità sono con il tempo mutate. I motivi di tali rinunce sono sicuramente legittimi, ma portano con sè la conseguenza di provocare un danno alle casse dell'erario visto che l'urbanizzazione delle aree prescelte comporta per i comuni un costo ragguardevole per le relative opere (sbancamenti, sistema fognario, strade, illuminazione tanto per citare alcuni esempi). In taluni casi, tuttavia, dette rinunce possono essere "autorizzate" dallo Stato attraverso l'acquisto di immobili immediatamente disponibili nei quali, previo assenso da parte del comune, alloggiare provvisoriamente i cittadini sfollati. Una scelta dettata da ottiche di risparmio circa la costruzione di casette in legno che tra qualche anno saranno, gioco forza, inutilizzabili e di investimento sull'acquisto di immobili che restano nel patrimonio statale e che potranno essere sempre concessi in futuro in locazione. Così lo Stato lancia ai cittadini l'ultima chiamata concedendo loro la possibilità di scegliere di "entrare" in tali appartamenti in alternativa alla casetta. E' questa, ad esempio, la strada intrapresa fin da subito dal comune di Tolentino dove il sindaco Giuseppe Pezzanesi ha preferito non ordinare alcuna casetta predisponendo un piano che prevede il ritorno nelle proprie abitazioni, una volta restaurate, dei cittadini (circa 300) oggi ospitati nei container, mentre per coloro che sono alloggiati fuori città, in strutture alberghiere o in autonoma sistemazione, è previsto il "rientro" negli appartamenti che il comune intende acquisire al proprio patrimonio. Se, invece, qualcuno rinunciasse alla casetta dopo che la stessa è già stata ordinata da parte del proprio comune, e quindi si è dato il via alla costruzione della stessa, ecco che sarà soggetto al pagamento di una penale corrispondente al costo sopportato dallo Stato. Un "rischio" del quale comunque i cittadini sono già stati informati.   

Otto mesi dalle scosse di ottobre che, a Muccia, hanno provocato danni su oltre il 90 per cento degli edifici. Segnali positivi per le SAE con l’arrivo dei tecnici che hanno preso possesso delle aree per l’inizio lavori nelle zone di Varano, Costafiore e Massaprofoglio. Aggiudicata la ditta per l’area che ospiterà le casette al di sopra del Campo Sportivo, sulla strada delle Piane. 

“ L’ordinativo per Muccia è di oltre 160 casette -afferma il sindaco Mario Baroni -  il nostro auspicio è che tutte le operazioni d’ora in poi procedano speditamente, in modo tale che per fine settembre o inizio ottobre, si riescano a sistemare parecchie persone. La presenza dei container- dormitori  dell’impresa GLF che ha lavorato alla realizzazione della superstrada Civitanova Foligno, ha consentito a gran parte  dei cittadini con abitazioni inagibili di rimanere in paese. Attualmente contiamo solo pochi sfollati sulla costa, mentre altri hanno trovato autonoma sistemazione nei comuni limitrofi. Posizioneremo in totale 165 casette- aggiunge il primo cittadino- di queste, 91 ne verranno sistemate nell’area sopra il campo sportivo, 45 nella zona al di sopra del Centro commerciale, 7 in località Varano, altre 7 a Costafiore e 14 nella frazione di Massaprofoglio. Positivo il fatto che la gente sia rimasta in Paese, contribuendo a mantenere vivo il tessuto sociale della nostra realtà. Anche scambiare quattro parole e poter relazionarsi ha rappresentato un aiuto in pìù anche per noi dell’amministrazione. Adesso l’esigenza più forte è quella di tornare ai numeri di popolazione che c’erano prima del sisma, pertanto, sistemare per bene le soluzioni abitative provvisorie, e, quanto prima, riuscire a far rientrare le famiglie con bambini, per una ripresa delle attività scolastiche.

Quanto agli edifici scolastici- prosegue Baroni- dovremo procedere alla demolizione di uno stabile e valutare se ricostruire altre sedi o realizzare un polo scolastico insieme a Valfornace. Per quanto concerne la ricostruzione privata, contiamo di partire con gli edifici che hanno riportato un livello B di danni per poi procedere pian piano alla ricostruzione riferita ai danni più gravi. E’ una vera e propria corsa contro il tempo che è il nostro nemico principale- conclude il sindaco di Muccia- Prima potranno partire le attività, prima riprenderanno i paesi, altrimenti, il rischio sarà quello di perdere molti abitanti. Ma bisogna mantenere fiducia e speranza; un sindaco deve farlo anche per dare sostegno e coraggio ai suoi cittadini”

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