Frode fiscale, denunciati 9 imprenditori cinesi e un italiano. Sequestrati beni per oltre 4 milioni

Lunedì, 29 Marzo 2021 13:14 | Letto 597 volte   Clicca per ascolare il testo Frode fiscale, denunciati 9 imprenditori cinesi e un italiano. Sequestrati beni per oltre 4 milioni Conclusa, dai finanzieri della Tenenza di Porto Recanati, un’articolata indagine di polizia economico-finanziaria e giudiziaria, durata poco più di due anni, coordinata dal Procuratore della Repubblica Giovanni Giorgio, nei confronti di una serie di imprese, dislocate anche fuori dal contesto regionale. Ben 11 le imprese coinvolte, operanti nel settore della lavorazione delle tomaie. Sono state esaminate le contabilità aziendali e i conti bancari dei titolari che hanno portato a scoprire una serie di condotte illecite, sia di natura fiscale che di carattere penale, poste in essere per consentire agli indagati cospicui vantaggi fiscali. Ammonta, infatti, ad oltre 10.000.000 di euro, la base imponibile ai fini delle imposte sui redditi complessivamente evasa, mentre l’imposta sul valore aggiunto sottratta è di oltre 2.500.000 euro. Le inadempienze in materia di lavoro, invece, hanno portato all’individuazione di 55 lavoratori dipendenti irregolari e all’omesso versamento di ritenute per oltre 40.000 euro. Il sistema di frode consisteva, in sostanza, nell’utilizzare partite IVA di imprenditori inconsapevoli, sia italiani che cinesi, per mezzo delle quali fatturare prestazioni per orlature di tomaie che, in realtà, erano fornite “in nero” da altre imprese gestite da cinesi. In questo modo non veniva di fatto corrisposta l’IVA da parte dell’impresa committente, mentre l’impresa che effettivamente eseguiva i lavori percepiva il corrispettivo della prestazione senza assoggettarlo a tassazione. Questo ha consentito a queste ultime imprese di porsi sul mercato in regime di “concorrenza sleale”, ovvero - potendo praticare prezzi altamente competitivi - in una posizione di vantaggio rispetto alle altre aziende che operano osservando le regole. I pagamenti delle prestazioni non fatturate venivano regolati per contanti, con prelevamenti effettuati sui conti bancari di due imprese “filtro” ovvero intestati a una persona fisica. In proposito, sono stati accertati trasferimenti di denaro contante, in violazione alla normativa antiriciclaggio, per circa 800.000 euro, che hanno portato alla contestazione di sanzioni amministrative per circa 300.000 euro e alla denuncia di una persona per uso improprio dei conti bancari. Il tutto ruotava intorno ad un imprenditore italiano, dominus del sistema di frode, ma a loro volta i soggetti cinesi, al fine di ridurre ulteriormente il loro carico fiscale, già abbondantemente eroso per effetto dell’omessa fatturazione e dichiarazione delle prestazioni effettuate, hanno utilizzato fatture per operazioni inesistenti emesse da altre imprese, sempre di cinesi, ovvero hanno autoprodotto fatture false, quantificate in circa 900.000 euro. Ed inoltre, decorsi pochi anni dall’inizio delle attività, alcune imprese hanno cessato la partita IVA, omettendo di presentare le prescritte dichiarazioni annuali delle imposte ed il titolare si è reso irreperibile sul territorio nazionale, facendo ritorno in Cina. Nell’ambito dell’inchiesta, i vari Giudici per le Indagini Preliminari del Tribunale di Macerata, chiamati a giudicare, hanno emesso – su richiesta del Procuratore della Repubblica ­– 4 provvedimenti, disponendo, complessivamente, il sequestro per equivalente di beni fino a concorrenza delle imposte evase per circa 4.200.000 euro.
Conclusa, dai finanzieri della Tenenza di Porto Recanati, un’articolata indagine di polizia economico-finanziaria e giudiziaria, durata poco più di due anni, coordinata dal Procuratore della Repubblica Giovanni Giorgio, nei confronti di una serie di imprese, dislocate anche fuori dal contesto regionale.
Ben 11 le imprese coinvolte, operanti nel settore della lavorazione delle tomaie.
Sono state esaminate le contabilità aziendali e i conti bancari dei titolari che hanno portato a scoprire una serie di condotte illecite, sia di natura fiscale che di carattere penale, poste in essere per consentire agli indagati cospicui vantaggi fiscali.
Ammonta, infatti, ad oltre 10.000.000 di euro, la base imponibile ai fini delle imposte sui redditi complessivamente evasa, mentre l’imposta sul valore aggiunto sottratta è di oltre 2.500.000 euro. Le inadempienze in materia di lavoro, invece, hanno portato all’individuazione di 55 lavoratori dipendenti irregolari e all’omesso versamento di ritenute per oltre 40.000 euro.
Il sistema di frode consisteva, in sostanza, nell’utilizzare partite IVA di imprenditori inconsapevoli, sia italiani che cinesi, per mezzo delle quali fatturare prestazioni per orlature di tomaie che, in realtà, erano fornite “in nero” da altre imprese gestite da cinesi. In questo modo non veniva di fatto corrisposta l’IVA da parte dell’impresa committente, mentre l’impresa che effettivamente eseguiva i lavori percepiva il corrispettivo della prestazione senza assoggettarlo a tassazione.
Questo ha consentito a queste ultime imprese di porsi sul mercato in regime di “concorrenza sleale”, ovvero - potendo praticare prezzi altamente competitivi - in una posizione di vantaggio rispetto alle altre aziende che operano osservando le regole.
I pagamenti delle prestazioni non fatturate venivano regolati per contanti, con prelevamenti effettuati sui conti bancari di due imprese “filtro” ovvero intestati a una persona fisica. In proposito, sono stati accertati trasferimenti di denaro contante, in violazione alla normativa antiriciclaggio, per circa 800.000 euro, che hanno portato alla contestazione di sanzioni amministrative per circa 300.000 euro e alla denuncia di una persona per uso improprio dei conti bancari.
Il tutto ruotava intorno ad un imprenditore italiano, dominus del sistema di frode, ma a loro volta i soggetti cinesi, al fine di ridurre ulteriormente il loro carico fiscale, già abbondantemente eroso per effetto dell’omessa fatturazione e dichiarazione delle prestazioni effettuate, hanno utilizzato fatture per operazioni inesistenti emesse da altre imprese, sempre di cinesi, ovvero hanno autoprodotto fatture false, quantificate in circa 900.000 euro.
Ed inoltre, decorsi pochi anni dall’inizio delle attività, alcune imprese hanno cessato la partita IVA, omettendo di presentare le prescritte dichiarazioni annuali delle imposte ed il titolare si è reso irreperibile sul territorio nazionale, facendo ritorno in Cina.
Nell’ambito dell’inchiesta, i vari Giudici per le Indagini Preliminari del Tribunale di Macerata, chiamati a giudicare, hanno emesso – su richiesta del Procuratore della Repubblica ­– 4 provvedimenti, disponendo, complessivamente, il sequestro per equivalente di beni fino a concorrenza delle imposte evase per circa 4.200.000 euro.

Letto 597 volte

Radioc1inblu

Radio FM e Internet
P.za Cavour, 8
62032 Camerino (MC)

Tel - Fax 0737.633180
Cellulare: 335.5367709

radioc1inblu@gmail.com

L'Appennino Camerte

Settimanale d'informazione dal 1921
Piazza Cavour, 8
62032 Camerino (MC)

Tel - Fax: 0737.633180
Cell: 335.5367709

appenninocamerte@gmail.com

Scopri come abbonarti

Questo sito utilizza i cookie

Puoi accettare e proseguire la navigazione o per maggiori informazioni Per saperne di piu'

Approvo
Clicca per ascolare il testo